Il primo romanzo di Ferzan Ozpetek è come me lo immaginavo: semplice e poetico, etereo e romantico, nostalgico e intimo. Bellissimo.
Vi si narrano, a capitoli alterni, le storie di lui, Ozpetek, di ritorno ad Istanbul, la sua città natale, in visita alla mamma, e di lei, Anna, una quarantenne italiana per la prima volta in Turchia, con il marito e una coppia di giovani amici.
Prendono lo stesso aereo e vivono la stessa città, in modi diversi, ma non dissimili, durante i giorni della recente occupazione di Gezi Park.
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Manifestanti durante l'occupazione di Gezi Park |
Ozpetek ha scritto questo romanzo con la stessa eleganza che caratterizza i suoi film, con la medesima raffinata naturalezza che ha nell'inquadrare quel dettaglio - un oggetto, un'espressione, un profumo, un colore, un modo di camminare o di toccarsi la collana - con la stessa cura che ha per l'animo umano, per la vita e per la morte.
Il viaggio di Ferzan e Anna li ha spogliati delle certezze, li ha messi a nudo, come quando si nasce, e Istanbul li ha partoriti di nuovo e li ha colorati di rosso, e di blu.
"Istanbul è il blu e il rosso, che paiono riuscire a fondersi solo in certi tramonti sul Bosforo. E il rosso, il rosso dei carrettini dei venditori ambulanti di simit: le ciambelle calde ricoperte di sesamo che sono la prima cosa che compro quando arrivo. Il rosso fiammante dei vecchi tram: oggi ne è rimasto solo uno, con cui i turisti attraversano il cuore della città. Il rosso - arancio con cui erano decorati i piattini del tè che una volta ti porgevano nei kahve: tè bollente, servito nei bicchieri di vetro. Il rosso dello smalto sulle unghie di mia madre, lei che ha sempre amato i colori pallidi, delicati."
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Rosso |
Ferzan Ozpetek
"Rosso Istanbul"
Mondadori
2013
anche in versione e-book
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