Finalista al Man Booker Prize 2013, Il testamento di Maria dell'irlandese Colm Tóibín è un romanzo - forse più un lungo racconto - che ho dovuto lasciar sedimentare per un po' di giorni, prima di poterne scrivere.
Appena terminata la lettura ho chiuso il libro e come mi hanno insegnato ad Oxford ho detto: "Minchia!".
Una storia forte per me, cresciuta con un'educazione cristiana. Una storia originale e penetrante. Una storia emotivamente sconvolgente, che si sia credenti oppure no. Una storia cruda, raccontata in modo sublime.
Un bellissimo libro che merita di essere letto.
Non mi vergogno a dire che più di una volta ho pianto mentre leggevo, a volte per commozione, a volte per sdegno, per rabbia, per pietà, per empatia.
Maria, ormai anziana, si rifugia al tempio della dea Artemide e dà voce ai suoi ricordi riguardo agli ultimi giorni di vita di Gesù; la sua passione, la sua morte e la sua resurrezione. Lo fa con il rancore di una madre arrabbiata, umiliata dalla paura che avuto nel giorno della morte di quel figlio che aveva raccolto attorno a sé un gruppo di buoni a nulla, anche se lui, malgrado tutto, non lo era. Raduna buoni a nulla e otterrai solo temerarietà, ambizione e cose del genere.
Tóibín racconta di una Maria donna, madre e moglie, con una capacità di immedesimarsi disarmante. Non si possono che condividere le emozioni di quella donna esiliata che ogni giorno deve rivivere il tormento che ha passato.
Le dico quanto desidero dormire nella terra riarsa, diventare polvere in pace chiudendo gli occhi all'ombra di qualche albero. Nel frattempo, quando mi sveglio di notte, voglio di più.
Voglio che ciò che è successo non sia mai accaduto. Non avrebbe potuto prendere un altro corso? Non avremmo potuto essere risparmiati? Che cosa costava?
Lungi dall'essere stato blasfemo, Tóibín è riuscito, descrivendone la fragilità umana, a rendere la figura di Maria ancora più martire e santa.
"Il testamento di Maria"
Bompiani - 2014
Titolo originale: "The Testament of Mary" (2012)
traduzione di Alberto Pezzotta
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