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mercoledì 17 marzo 2010

Il dandy indaga


Tra i tanti personaggi storici e letterari che vestono i panni dell’investigatore, non poteva mancare Oscar Wilde. E meno male, aggiungo io!
Gyles Brandreth, inglese, ha scritto i primi tre romanzi delle indagini vittoriane dello scrittore irlandese; in Italia sono usciti i primi due e attendo con trepidazione la pubblicazione del terzo.
Amo il giallo, soprattutto quello classico, adoro l’età vittoriana e venero Oscar Wilde: il suo stile, le sue opere, i suoi eccessi, i suoi aforismi. In queste due avventure è racchiuso tutto ciò.

La voce narrante è quella di Robert Sherard, pronipote del poeta emerito William Wordsworth, migliore amico di Wilde, innamorato della moglie di questi, Costance. Dopo anni dalla morte dell’amico, decide di rivelare le indagini che meticolosamente ha appuntato nel suo diario.
Ne “Oscar Wilde e i delitti a lume di candela”, il poeta irlandese, in un pomeriggio di fine agosto del 1889, si reca in un appartamento dove trova il cadavere di un suo giovane conoscente: composto, un lieve sorriso sul viso, circondato romanticamente da candele. Preso dal panico fugge e chiede consiglio ad un suo amico trentenne, un dottore scozzese che sta riscuotendo un notevole successo con il suo romanzo “Uno studio in rosso” e che a breve pubblicherà “Il segno dei quattro”. “A un primo sguardo potrebbe sembrare un appassionato di caccia grossa tornato dal Congo, ma a parte la sua stretta di mano, che è insopportabile, non ha nulla del bruto. E’ gentile quanto San Sebastiano e saggio quanto Sant’Agostino”, così Wilde descrive Arthur Conan Doyle.
Dopo l’incontro i tre amici decidono di recarsi sul luogo del misfatto, ma trovano la stanza vuota e ripulita. Wilde, uomo dai molti eccessi, visionario? Il mistero si infittisce, iniziano le indagini.
Tre anni dopo, Wilde, Sherard e Conan Doyle sono direttamente coinvolti in una serie di omicidi ne “Oscar Wilde e il gioco della morte”. Tutto ha inizio durante una riunione al Circolo di Socrate, fondato da Wilde, i cui membri, tra cui Bram Stoker, si danno appuntamento la prima domenica di ogni mese, solo per far svagare il fondatore: il circolo non ha alcuno scopo, si tratta semplicemente di un ritrovo per la cena, cene raffinate ed esclusive, per autentici dandy. Oscar decide di fare un gioco: “Omicidio”. Ciascun ospite, in modo anonimo, deve scrivere su un biglietto chi vorrebbe uccidere, si raccolgono i biglietti ed il gruppo dovrà indovinare chi vuole uccidere chi. Tra i nomi delle vittime virtuali, il Sig. Wilde e Signora. Uno scherzo. No. Le vittime designate iniziano a morire veramente e ad Oscar Wilde non resta molto tempo prima che l’assassino concluda la lista con il suo omicidio e quello dell’adorata Costance.

Ottima l’ambientazione storica in tutti i sensi, dai personaggi realmente esistiti alla Londra vittoriana. Trovo Brandreth talmente abile da stentare a credere che Oscar Wilde non abbia realmente vissuto queste avventure. Il narratore delle vicende è il Watson della situazione, ma l’aver affiancato Conan Doyle alle indagini (i due scrittori erano realmente amici), fa quasi sembrare che sia stato questi a prender spunto dalla coppia Wilde – Sherard per la sua, Holmes – Watson.
Non mancano l’umorismo sottile di Wilde nei dialoghi ed i riferimenti alle sue opere, in modo preciso e sempre storico.
La trama gialla in sé non sarà originale, ma la lettura è coinvolgente, veloce e godibilissima. Un’ultima nota sulle belle copertine dell’edizione italiana, meno psichedeliche di quelle inglesi, ma stravaganti quasi al pari di Oscar Wilde.
Gyles Brandreth non si è lasciato sfuggire quanto detto dallo scrittore britannico Max Beerbohm “Che vita sensazionale è quella di Oscar, così ricca di eventi straordinari. E che grande opportunità per i biografi del prossimo secolo!”.

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